Dissesti e difetti costruttivi nelle CAPRIATE IN LEGNO: alcuni casi studio 2

Secondo post dedicato ai dissesti delle capriate. Anche in questo caso, anziché analizzare separatamente ciascuna tipologia di dissesto, prenderemo in esame alcuni esempi reali per favorire un approccio corretto alla complessità degli edifici storici.

Dissesti e difetti costruttivi nelle CAPRIATE IN LEGNO: alcuni casi studio significativi

I due casi studio di oggi riguardano due edifici estremamente significativi, seppur molto diversi tra loro: la Reggia di Colorno in provincia di Parma, costruita nei primi anni del ‘700 dal duca Francesco Farnese sui resti di un castello preesistente, e il castello di Levizzano presso Castelvetro di Modena.

La copertura della REGGIA DI COLORNO

La Reggia di Colorno è un edificio in stile barocco molto vasto e articolato con tre cortili interni attorno ai quali si dispongono i vari corpi di fabbrica adibiti a residenza della famiglia ducale, ambienti di rappresentanza o funzioni di servizio come magazzini, stalle o scuderie. Questa diversificazione si riflette ovviamente anche nell’uso di materiali e soluzioni costruttive più o meno complesse e raffinate.

In questo post analizziamo i difetti costruttivi di una piccola porzione della copertura – attualmente corrispondente a un ambiente non decorato ma fruibile e comunemente utilizzato – sostenuta da tre capriate semplici con monaco di luce non elevata (circa 6 metri).

Tali capriate, di fattura molto rozza, sono costituite da semplici tronchi d’albero appena scortecciati e sagomati ad ascia fino a ottenere una sezione grosso modo quadrata.
Le giunzioni tra i vari pezzi sono eseguite con semplici intagli; a occhio nudo non sono inoltre visibili chiodi infissi “alla traditora”. Alcune parti sono evidentemente di recupero, come dimostra la presenza di un incavo nel puntone di una capriata (Foto 6 e 7freccia rossa), probabilmente originariamente destinato all’appoggio del travetto di un solaio.
Le capriate erano originariamente dotate anche di una staffa di giunzione tra il monaco e la catena, che in due casi è stata però asportata.

Noto puntone-catena esterno alla muratura, con conseguente trasmissione di sollecitazioni di flessione alla catena

Si notano anche grave difetti di esecuzione che hanno prodotto alcuni dissesti localizzati, tra cui ad esempio:
– puntoni con fibre vistosamente deviate o improvvisi e drastici restringimenti della sezione (Foto 1, 2quadratiblu e viola3 4quadrato blu), con conseguente formazione di gravi lesioni in grado di mettere a rischio la stabilità della capriata.
– uno dei monaci costituito da un tronco vistosamente inclinato (Foto 5);
– monaco con intagli per l’alloggiamento dei puntoni ricavati a due quote diverse (Foto 1, 2quadrato giallo34quadrato giallo, 5 e 9), con conseguente creazione di un momento flettente localizzato;
– intagli per i puntoni ricavati nel monaco non perfettamente combacianti con questi, con conseguente allentamento del nodo, formazione di soluzioni di continuità e abbassamento del monaco (Foto 8 e 9);
nodo puntone-catena esterno alla muratura, con formazione di sollecitazioni di flessione nella catena (Foto 1 e 4quadrato rosso);
nodo puntone-catena con intaglio per il puntone non eseguito a regola d’arte con conseguente parziale rottura della catena, scorrimento del puntone sulla medesima e creazione di spinte orizzontali localizzate sulle murature perimetrali.

A questi dissesti si è cercato di porre rimedio in un momento imprecisato con due interventi concettualmente erronei:
1) Rinzeppatura dello spazio tra monaco e catena con tavolette e cunei di legno (Foto 1, 2quadrato verde3 e 4quadrato verde), probabilmente a causa dell’abbassamento del monaco in seguito all’allentamento del nodo con i puntoni dovuto a un’evidente rottura del puntone destro;
2) Rinforzo e legatura del nodo puntone-catena con una reggetta metallica sagomata a forma di U e inchiodata sui fianchi della catena (Foto 6 e 7cerchio blu): si tratta di un intervento sostanzialmente inefficace nel medio-lungo periodo perché la reggetta, non essendo una vera e propria cerchiatura completa, è soggetta ad aprirsi a causa sia del cedimento delle fibre del legno in corrispondenza dei chiodi di fissaggio, sia della deformazione del metallo in seguito alla trazione a cui è sottoposto.

Le capriate del CASTELLO DI LEVIZZANO

La copertura del Castello di Levizzano presso Castelvetro di Modena è invece formata da una serie di capriate palladiane con monaco e saettoni (Foto 11) che – secondo un sistema costruttivo che finora ho riscontrato unicamente nel modenese – hanno una luce corrispondente a circa la metà della larghezza effettiva del tetto: uno dei puntoni funge infatti anche da cantonale (questo particolare sistema, caratterizzato da un comportamento statico molto particolare), verrà trattato esaustivamente nel terzo e ultimo post sui difetti delle capriate).
In base ad alcune testimonianze orali, queste capriate sarebbero databili agli anni ’20 del Novecento.

Le capriate sono complessivamente ben costruite, prive di evidenti difetti e in buono stato di conservazione, ma colpiscono due irregolarità evidenti:
1) L’abbassamento generalizzato del colmo della copertura che ha comportato la drastica diminuzione dello spazio tra monaco e catena, che in alcuni casi si toccano (Foto 12);
2) L’evidentissima deformazione della staffa di collegamento tra il monaco e la catena (Foto 12 e 13).

É difficile capire le cause, ma si può ipotizzare che l’abbassamento del colmo della copertura sia dovuto all’esecuzione difettosa del nodo tra i puntoni e le catene (non visibile perché all’interno della copertura), mentre le staffe potrebbero essere state deformate dall’impatto con dei tronchi di legna: in base ad alcune testimonianze orali il sottotetto venne adibito anche a legnaia.

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