L’eccezionale SISTEMA DI CATENE della Chiesa Madre di Rende

La Calabria è una delle regioni più sismiche d’Italia, com’è ben noto fin dal catastrofico terremoto di Messina e Reggio Calabria, che il 27 dicembre 1908 causò decine di migliaia di vittime e danneggiò pesantemente queste due città. Tuttavia la sismicità di questa zona è conosciuta da svariati secoli, come provano i presidi di consolidamento pre-moderni tipici dell’edilizia tradizionale calabrese: oggi presento l’importante sistema di catene della Chiesa Madre di Rende in provincia di Cosenza.

La CHIESA MADRE di Rende

La chiesa – detta Madre perché la principale della cittadina – fu fondata nel XII secolo col nome di Santa Maria Maggiore o Santa Maria della Neve. Venne distrutta o gravemente danneggiata a più riprese da svariati terremoti e sempre ricostruita celermente: una prima volta nel XVI secolo e altre due volte nel 1740 e nel 1799 rispettivamente da Francesco Belmonte e Raffaele di Bartolo. La chiesa attuale fonde armoniosamente queste fasi costruttive, perché il fronte principale presenta elementi stilistici sia del ‘500 che del ‘700.

La pianta presenta uno sviluppo a croce latina con cinque navate, due cappelle secondarie in corrispondenza del transetto e il campanile in aderenza al fianco sinistro della zona absidale (Foto 1).
I pilastri, a sezione quadrata, tozzi e massicci, sono disposti in due file su ciascun lato; mentre una serie di setti trasversali collega la fila più esterna alle pareti perimetrali creando una serie di cappelle laterali comunicanti attraverso piccole aperture (Foto 2): si tratta di una soluzione spaziale tipica delle chiese della Controriforma, che necessitavano di numerosi altari secondari per il culto dei santi e la celebrazione di messe private. La navata principale è coperta da una volta a botte lunettata per consentire il posizionamento degli ampi finestroni, ubicati nella parte sommitale delle murature (Foto 3). Il transetto e le navate laterali sono invece dotate di volte a vela sorrette da arconi, una per ogni campata (Foto 4 e 5).

Il SISTEMA DI CATENE

Dal punto di vista strutturale la chiesa si presenta solida e sicura, attualmente priva di qualsiasi dissesto rilevante. Dal punto di vista sismico gli elementi vulnerabili sono quelli consueti e in particolare la presenza di un ampio rosone sulla facciata principale, i grandi finestroni in posizione molto alta sulle pareti della navata principale (Foto 3) e ovviamente la massiccia presenza di coperture a volta.

Queste vulnerabilità sono però controbilanciate da due notevoli presidi di miglioramento sismico:
– i setti di controvento trasversale tra i pilastri della navata esterna e le murature perimetrali (Foto 2), in grado di assorbire una parte delle sollecitazioni a taglio diagonale in direzione perpendicolare a quella della navata principale e di opporsi parzialmente al ribaltamento delle pareti laterali funzionando come contrafforti;
– un eccezionale insieme di catene su quattro ordini diversi.

Particolare dell’intersezione delle catene all’incrocio fra transetto e navata principale

Quest’ultimo è il sistema di catene più efficace, interessante e complesso che ho visto in dieci anni di attività professionale. Le catene sono infatti disposte su ben quattro ordini diversi:
– una prima serie in posizione canonica alle reni della volta della navata principale per contrastare l’azione delle spinte orizzontali in situazione sia statica che sismica: è un presidio assai diffuso, attestato in tutte le volte strutturali di grande luce costruite a regola d’arte;
– una seconda serie alle reni delle volte delle navate laterali, utili sia per contrastare la spinta orizzontale delle volte, sia per coadiuvare l’azione dei setti di controvento trasversale;
– due serie di tiranti veri e propri collocati a varie altezze per impedire il ribaltamento della facciata principale, dell’abside e dei fronti del transetto; e inoltre favorire un comportamento dell’edificio di tipo scatolare. Questi tiranti sono posti sia in senso longitudinale per l’intera lunghezza della chiesa, sia in senso trasversale in corrispondenza del transetto.
Lungo la navata principale se ne contano ben sette su ogni lato, per un totale di quattordici: tre in corrispondenza dell’imposta delle volte a vela delle navate laterali, disposti sul lato di ciascun pilastro per esercitare un’ulteriore azione di confinamento (Foto 6); due all’imposta della volta della navata principale e altri due nella parte sommitale della facciata principale, più o meno in corrispondenza del punto medio tra le reni e la chiave della volta. Anche queste catene sono disposte a coppie, probabilmente in corrispondenza di ciascun lato delle murature portanti della navata principale. Sulla facciata vengono bloccate da particolarissimi capichiave doppi a paletto (Foto 7), bloccati con la tecnica a caldo mediante l’infissione del consueto piolo di serraggio (Foto 8).
In corrispondenza del transetto i tiranti sono invece in numero minore, probabilmente sei od otto: nella Foto 9 se ne intravvedono due – uno per ogni lato – all’intradosso delle volte a vela, nel punto intermedio tra le reni e la chiave, e altri due a un livello più basso. Altri due o quattro dovrebbero infine trovarsi in aderenza alle murature perimetrali alla quota d’imposta delle volte.
Questi tiranti si intersecano ad angolo retto in corrispondenza dell’incrocio tra il transetto e la navata principale.

Le catene, molto probabilmente coeve alla ricostruzione dell’edificio, sono tipo antico: in ferro battuto lavorato a mano, hanno sezione quadrata e – data la loro notevole lunghezza – risultano formate da due, tre o più pezzi giuntati tra di loro (Foto 10). Le giunzioni, chiaramente visibili, costituiscono un esempio molto interessante di carpenteria metallica tradizionale probabilmente settecentesca. La tecnica utilizzata è affine a quella dell’incastro a mezzo legno (Foto 11). Ciascun segmento di catena ha le estremità con un rigonfiamento sagomato ad L, che – accostato a un analogo rigonfiamento sull’altro pezzo – compone una giunzione resa solidale con due (Foto 12), quattro (Foto 13) o perfino sei reggette di metallo (Foto 14) ribattute e fissate con chiodini. Per migliore aderenza delle reggette sono stati anche posizionati dei piccoli cunei di spessore tra di esse e l’estremità della catena (Foto 15). Questo metodo – assai più raro rispetto ai giunti a forchetta tipici delle cerchiature di cupole e colonne – è concettualmente identico a quello delle catene lignee delle capriate alla palladiana e funziona molto bene per sollecitazioni a trazione pura, perché il “dente” della L impedisce lo sfilamento dei segmenti.

Lo stato di conservazione delle catene è eccellente: si presentano infatti perfettamente rettilinee, senza curvature o deviazioni e con i giunti aderenti e privi di deformazioni. Tuttavia, per coadiuvarle in caso di necessità, in un’epoca imprecisata sono stati aggiunti alcuni tiranti di fattura industriale a sezione circolare (Foto 16).

Presidi antisismici nell’EDILIZIA TRADIZIONALE COSENTINA

La cura, le spese e l’impegno profuso per rendere la Chiesa Madre “antisismica” è notevole, ma possiamo notare analoghi presidi – ovviamente a scala molto più ridotta – anche nell’edilizia minore cosentina.

In alcune case del centro storico di Rende ho notato ad esempio alcuni capichiave doppi identici a quelli della facciata principale della Chiesa Madre (Foto 17), evidentemente dovuti all’uso di raddoppiare i tiranti ponendone uno per ogni lato delle murature perimetrali, e anche un capochiave in legno – del tutto simili a quelli riscontrati nell’edilizia rurale dell’appennino modenese (Foto 18 e 19). Si tratta in questo caso della catena di una capriata molto inclinata rispetto all’andamento della facciata della casa, prolungata esternamente e bloccata contro la muratura da un cavicchio in legno saldamente infisso in un foro appositamente praticato: un metodo economico, semplice e pratico per utilizzarla come puntone/catena in caso di terremoto, ostacolando il movimento in controfase delle pareti opposte e impedendo lo sfilamento della trave con conseguente crollo del solaio. Anche questo dispositivo è ben conservato e apparentemente in efficienza.

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