Paesaggio, architettura rurale e DEVOZIONE POPOLARE
Giunti alla fine del nostro viaggio tra i paesaggi e l’architettura rurale tradizionale, vorrei approfondire un aspetto finora poco studiato da architetti e storici dell’arte: l’influenza della devozione popolare sul paesaggio e l’architettura rurale in particolare di Trentino, alto Piemonte e Valle d’Aosta.
Il PAESAGGIO RURALE e la DEVOZIONE POPOLARE: un rapporto indissolubile
Esiste infatti uno strettissimo rapporto tra il paesaggio rurale e la devozione popolare, che mescola pratiche magiche e superstiziose alla liturgia cattolica, creando una religiosità estremamente sentita e originale. La vita dei contadini di montagna era infatti molto dura e in balia degli elementi. Grandine, siccità, malattie del bestiame e gelate tardive bastavano infatti a rovinare il lavoro di anni e anni, mandando sul lastrico intere famiglie e creando carestie: ci si affidava dunque alla protezione di Gesù, dei Santi e della Madonna con appositi rituali oppure creando specifici amuleti e immagini devozionali.
La religiosità popolare permea dunque il paesaggio e l’architettura civile e religiosa, costituendo precise testimonianze materiali che spesso abbelliscono un singolo edificio o diventano punti di incontro e di riferimento. Le più diffuse sono:
– croci in legno o pietra in punti particolarmente significativi;
– edicole in muratura con immagini affrescate;
– immagini votive sulle facciate;
– simboli o monogrammi incisi sui portali o gli stipiti delle finestre.
Le CROCI IN LEGNO o PIETRA
Poste generalmente all’ingresso dei paesi, sulla cima delle montagne o agli incroci tra le strade rurali, le croci campestri avevano tre funzioni principali:
1) proteggere i viandanti, guidandoli lungo il percorso migliore e difendendoli dagli eventuali pericoli;
2) segnalare i confini tra parrocchie, poderi o villaggi limitrofi;
3) ricordare le persone morte in seguito a disgrazie o delitti come furti o risse, invitando i passanti a dire una preghiera per la salvezza della loro anima.
Fungevano inoltre da punti di sosta durante le cosiddette “Rogazioni“, processioni che si tenevano lungo la campagna per propiziare la semina e il raccolto.
Secondo il calendario liturgico di distinguono in maggiori, che si tengono il 25 aprile, e minori nelle tre mattine antecedenti alla festa dell’Ascensione. Cominciavano alle prime luci dell’alba e si snodavano ogni giorno lungo un percorso differente, studiato in modo da attraversare l’intero territorio parrocchiale. In corrispondenza di alcuni punti prestabiliti – segnalati appunto dalle croci campestri o da edicole in muratura – il sacerdote pronunciava la formula rituale a cui il popolo rispondeva “Libera nos Domine!” (liberaci, o Signore!):
A fulgure et tempestate… (Dai fulmini e dalla tempesta)
A flagello terraemotus… (Dal flagello del terremoto)
A peste, fame et bello… (Dalla peste, dalla fame e dalla guerra)
Ut fructus terrae dare et conservare digneris… Te rogamus, audi nos! (Affinché ti degni di darci e conservarci i frutti della terra)
Ut pacem nobis dones. Te rogamus audi nos! (Affinché tu ci doni la pace, noi ti supplichiamo, ascoltaci!)
Dal punto di vista estetico queste croci potevano assumere la forma di piccole steli ricavate da blocchi monolitici lavorati grossolanamente (Foto 2) oppure croci ben rifinite in pietra (Foto 2) o legno. Talvolta venivano inoltre decorate con simboli, date e preghiere incise (Foto 3) , oppure si presentavano come veri e propri crocefissi (Foto 4).
Le EDICOLE AFFRESCATE
Le edicole sacre in muratura hanno la medesima funzione delle croci campestri e sono costituite da semplici nicchie nelle facciate degli edifici o piccoli tempietti isolati o costruiti sulla cimasa dei muri di cinta. Sono posizionate lungo le strade di campagna, nei villaggi o perfino nei centri principali come Aosta o Bressanone, che nelle zone più marginali conservavano spiccate caratteristiche rurali con ampie zone coltivate ad orti e frutteti.
Gli affreschi – spesso eseguiti da decoratori locali e caratterizzati da uno stile semplice e popolaresco – hanno soggetti ben codificati:
– sul fondo della nicchia l’immagine principale, variabile in funzione del contesto, dei culti locali e della destinazione d’uso dell’edicola;
– sul timpano, nella fascia sommitale e nei lati interni della nicchia simboli devozionali come il sacro cuore, il monogramma di Cristo (Foto 5) o della Madonna;
– sulle fasce laterali decorazioni a finto marmo o soggetti floreali (Foto 6).
I soggetti dell’immagine principale sono molto diversi tra di loro. Nei pressi dei santuari principali, soprattutto se ubicati in cima a un colle, troviamo ad esempio le stazioni della Via Crucis, mentre in altri casi i santi venerati localmente: in una splendida edicola di Sanzeno in Trentino si notano ad esempio i santi martiri locali Sisinnio, Martirio e Alessandro mentre venerano la Madonna insieme a San Francesco d’Assisi. Non mancano ovviamente immagini “generiche” come la Pietà (Foto 6), la Madonna col Bambino o la Madonna Nera (Foto 7).
In corrispondenza dei crocicchi si trovano talvolta edicole sacre più elaborate con immagini multiple. Un curioso esemplare a Bressanone, purtroppo in cattivo stato di conservazione, mostra ad esempio ben cinque immagini votive (Foto 8) in cui si riconoscono una crocifissione e la Madonna col Bambino.
Le IMMAGINI VOTIVE sulle facciate delle case
Anche le immagini votive sulle facciate delle case hanno una triplice funzione: dichiarare pubblicamente la propria devozione alla Madonna oppure a un certo santo, rendere riconoscibile un particolare edificio (una funzione da non sottovalutare in un’epoca di diffuso analfabetismo e di villaggi privi di numerazione civica e spesso anche di nomi delle strade) e proteggersi dalle disgrazie.
In questo caso ciascun santo aveva il proprio ambito di competenza: Sant’Antonio abate era ad esempio il protettore del bestiame, san Rocco difendeva dalla peste, San Giovanni Battista dai temporali e San Cristoforo dalla morte improvvisa.
Altre volte le immagini costituivano l’adempimento di un voto per grazia ricevuta come essere scampati a una malattia oppure a un incidente.
Le immagini votive erano generalmente affrescate sui portoni d’ingresso delle case (Foto 9), delle corti rurali (Foto 10) o delle facciate delle chiese. Il repertorio iconografico è quello consueto: immagini di santi, della Madonna (Foto 9, 10, 11 e 12) o di Cristo, la crocifissione, la Pietà, reliquie come la Sacra Sindone (Foto 13), angeli (Foto 14), miracoli e scene di vita di Cristo oppure di qualche santo (Foto 15 e 16) .
SIMBOLI e MONOGRAMMI negli elementi architettonici
I simboli e i monogrammi religiosi avevano infine un puro significato scaramantico e venivano impressi sia sugli oggetti di uso comune come culle, mobili, stoviglie e attrezzi agricoli, sia sugli edifici e in particolare negli architravi di porte e finestre, sulle facciate, nei cantonali, in infissi e inferriate (Foto 17).
Potevano essere sia incisi che dipinti e spesso erano abbinati alla data di costruzione dell’edificio e – assai più raramente – al marchio o alla firma dello scalpellino.
Si tratta di un uso molto antico: sugli architravi di alcune pievi romaniche trentine compaiono infatti alcune croci incise o ad altorilievo, mentre su due finestre di Chambave datate rispettivamente 1524 (Foto 18 e 19) e 1550 (Foto 20 e 21) compaiono affiancati il monogramma di Cristo e della Vergine Maria.
I simboli più ricorrenti sono:
– croci, da sole o sovrapposte e/o abbinate a monogrammi (Foto 17 e 22);
– il monogramma di Cristo (IHS, talvolta inscritto in un sole raggiante o un serto circolare – Foto 22);
– il monogramma della Madonna formato dalle due lettere M ed A variamente intrecciate;
– il Sacro Cuore;
– il Calvario, costituito da una collinetta stilizzata sormontata da una croce (Foto 23 e 24 – cerchio blu);
– calici e ostie, decisamente più rari.
Complimenti bravo continua cosi!!ottimo lavoro Grazie!!