Il rissêu o ACCIOTTOLATO LIGURE A DISEGNI: Albenga e Finalpia

Durante uno dei miei recenti viaggi di architettura in Liguria sono rimasta particolarmente colpita dai tradizionali acciottolati a disegni localmente chiamati rissêu, anche se ho potuto ammirarne soltanto quattro, uno dei quali – in una piazza di Dolceacqua – di fattura moderna.

Dopo essermi adeguatamente documentata ho quindi deciso di dedicare due post a questa tecnica affascinante: nel primo cercherò di descrivere i materiali, il repetorio figurativo e i metodi di lavorazione, mentre nel secondo parlerò degli esemplari probabilmente cinquecenteschi del Castello di Dolceacqua.

Ma andiamo con ordine.

Origine e  repertorio figurativo degli acciottolati a disegni
Il rissêu dell’abbazia di Finalpia eseguito nel 1845

L’uso di pavimentazioni di ciottoli è antichissimo, ma la prima attestazione del vero e proprio acciottolato a disegni risale all’VIII secolo avanti Cristo, epoca a cui risale l’impressionante pavimentazione della reggia frigia di Gordion in Turchia. Altri pregevoli esempi provengono dall’antica Grecia, mentre gli scavi di Pompei ed Ercolano hanno restituito alcune pavimentazioni di ciottoli monocolori disposti secondo precisi motivi geometrici.

Il vero e proprio rissêu sembra invece comparire nel XVI secolo come naturale completamento dell’architettura manierista: a partire da quel momento queste pavimentazioni caratterizzarono fortemente sia i cortili e i giardini delle ville e palazzi gentilizi, sia gli spazi urbani come strade, piazze e sopratutto i sagrati delle chiese.

La diffusione di questa particolarissima varietà di acciottolato venne inoltre favorita dalla grande disponibilità di ciottoli multicolori, appiattiti e levigati dal mare: per procurarsi la materia prima, molto economica e di reperibilità immediata, bastava infatti recarsi sulla spiaggia più vicina, raccogliere una grande quantità di ciottoli, lavarli e infine dividerli per colore, forma e dimensioni.

Il tappeto del rissêu dell’abbazia di Finalpia in corrispondenza dell’ingresso della chiesa

Il repertorio figurativo è molto ampio e presenta spiccate variazioni locali.

In generale un tappeto di rissêu, ad esempio la pavimentazione di una piazza o il sagrato di una chiesa, presenta varie parti ben distinte:
– un impianto generale diviso in una più partiture geometriche, ciascuna delle quali caratterizzata da uno sfondo con decorazioni modulari come strisce, zig zag, scacchiere, cubi prospettici, rombi, triangoli, cerchi intrecciati o code di pavone; da ampi elementi vegetali (tralci, fiori, girali di acando, foglie, frutta) o infine da motivi a formelle con le tipiche ruote decorate;
– uno o più emblemata centrali con scene figurative, stemmi araldici, simboli religiosi come croci, calici, agnus dei, angeli o colombe o infine motivi profani come la rosa dei venti;
– nei sagrati, un tappeto in corrispondenza dell’ingresso principale della chiesa;
– ampie bordure di separazione con vari tipi di linee, greche, trecce o cancorrenti.

Più rari invece i rissêu con ampie scene figurative, riservati quasi esclusivamente agli edifici di grandissimo pregio: un esempio particolarmente interessante è costituito dalla pavimentazione del Santuario della Madonnetta a Genova del 1732.
Gli acciottolati più belli erano spesso datati e firmati dagli esecutori.

Materiali e tecniche di lavorazione
Spesso i ciottoli venivano disposti per coltello perpendicolarmente alla generatrice del disegno, come si note in queste bordure del sagrato dell’abbazia di Finalpia. Particolarmente notevole è anche la linea a zig zag formata da ciottoli neri lunghi e sottili

Il materiale fondamentale sono ovviamente i ciottoli di mare o di fiume. I colori più diffusi sono: bianco (quarzo o calcite, in realtà  ottenuto più spesso accostando ciottoli grigio chiaro, beige o giallastri), grigio (selce e calcari marnosi), nero (ofioliti basaltiche), verde scuro (serpentinite), rosso scuro (marmo rosso di Levanto) e rosso vivo (diaspro). Talvolta, come nella piazza dei Leoni di Albenga, si usavano anche dei filari di mattoni posti di coltello.

Tuttavia questi colori non sono sempre presenti, perché in alcune aree o nelle pavimentazioni più modeste si usava una semplice bicromia bianconera o grigia e bianca. Nella zona di Moneglia, ricca di giacimenti di rosso Levanto, erano invece comuni gli acciottolati a sfondo rosso, mentre i ciottoli verdi e rosso vivo erano più rari e utilizzati solo in alcuni minuti particolari.

La tecnica di lavorazione prevedeva dapprima la stesura di un sottofondo costituito da uno strato di malta di calce aerea o addirittura della cosiddetta malta porcellana, cioè malta di calce addizionata con polvere di caolino cotto (argilla bianca) per renderla idraulica.

Successivamente sulla superficie ancora fresca si riportava il disegno con regoli, squadre e cordini di riferimento per le decorazioni geometriche o con l’aiuto di cartoni in scala 1:1 e la tecnica dello spolvero per i simboli, le scene figurativi o i motivi fitomorfi più complessi. Si passava quindi a infiggere i ciottoli uno per uno nella malta ancora fresca con una martellina, delineando prima gli elementi decorativi o i contorni delle varie specchiature e in seguito riempiendo le campiture in tinta unita.

Anche i ciottoli delle piccole campiture in tinta unita venivano posati secondo precisi motivi decorativi come linee o spirali, come si nota nel sagrato dell’Abbazia di Finalpia

La superficie finita veniva quindi livellata accuratamente con una leggera battitura mediante una tavoletta percossa da una mazzetta e gli interstizi tra i ciottoli stuccati con sabbia fine. L’ultima operazione era il lavaggio della superficie con acqua per esaltare consentire la penetrazione della sabbia in profondità, assestare la pavimentazione ed esaltare il colore dei ciottoli.

Il lavoro procedeva lentamente e in base alla complessità del disegno ciascun artigiano riusciva a completare una superficie compresa tra 1 e 3 metri quadrati al giorno: gli acciottolati più grandi venivano quindi eseguiti contemporaneamente da numerose persone e/o divisi in giornate come gli affreschi.

La posa dei ciottoli era ovviamente la fase più delicata, perché i risultati espressivi del rissêu si basano non solo sui disegni e i contrasti cromatici, ma anche sulla texture creata dai ciottoli, che non è mai casuale. I ciottoli venivano infatti scelti non solo in base al colore, ma anche alla forma e le dimensioni. Per lo sfondo spesso si sceglievano i ciottoli più grossi e tondeggianti, mentre i particolari più minuti o le bordure delle campiture venivano eseguiti con sassi sottili e allungati disposti per coltello. In questi casi la posa è sempre perpendicolare alla generatrice del disegno, fatto particolarmente evidente nelle linee curve e nelle spirali.
Una posa obliqua consentiva invece di ottenere particolari effetti decorativi, come trecce o linee a zig zag. Spesso anche i ciottoli delle campiture di piccole dimensioni seguivano una tessitura precisa, di solito secondo linee parallele, cerchi, code di pavoni o spirali.

Albenga e Finalpia: due esempi di acciottolati tradizionali
Sagrato dell’Abbazia di Finalpia: stella a otto punte centrale con al centro datazione del rissêu in numeri romani (MDCCCXLV – 1845)

A titolo esemplificativo descriverò la decorazione di due acciottolati che ho esaminato personalmente: il sagrato dell’abbazia di Santa Maria a Finalpia in comune di Finale Ligure e la pavimentazione della Piazzetta dei Leoni ad Albenga, entrambi in provincia di Savona.

Il disegno del sagrato dell’abbazia di Finalpia, eseguito nel 1845, è semplice ma elegante: un’unica grande specchiatura con un motivo a scacchiera con al centro una stella a otto punte racchiusa in un cerchio e la data del pavimento in numeri romani (MDCCCXLV).
Davanti all’ingresso della chiesa si nota invece un piccolo tappeto, purtroppo parzialmente nascosto da una rampetta in legno per l’ingresso dei disabili, con il monogramma della Vergine Maria tra le lettere O e P e altre due piccole decorazioni a ruota. Il tutto è circondato da tre sottili bordure, una delle quali costituita da una linea a zig zag di ciottoli neri sottili e allungati.

La cromia è bianconera, i ciottoli sono molto piccoli e disposti con grandissima cura. Lo stato di conservazione generale è ottimo: il disegno si presenta integro e perfettamente leggibile.

Anche la pavimentazione della Piazzetta dei Leoni di Albenga, restaurata recentemente, è di grandissimo impatto visivo: lo sfondo è infatti costituito da una serie di grandi V bianche e grige alternate che coprono regolarmente l’intera superficie disponibile, che in un lato della piazza si trasformano in alcune larghe bande orizzontali. Al centro campeggia invece lo stemma dei Costa, un’importante famiglia nobile di Albenga che proprio in questa piazzetta aveva la propria residenza principale, formato da una serie di dieci bande inclinate alternativamente bianche e rosso scuro. Lo stemma è anche sormontato da una corona, ornato da rami vegetali e racchiuso in un cerchio.

La policromia è più ricca rispetto al rissêu di Finalpia, perché oltre al bianco e al grigio dello sfondo compaiono anche alcuni tocchi di rosso scuro ottenuti con pietre di rosso Levanto, e di rosso vivo costituiti da una sottilissima bordura perimetrale in mattoni di coltello. Anche in questo caso la posa dei ciottoli presenta una certa cura, perché ciascuna fascia bianca o grigia è delimitata da una fila di ciottoli ben allineati secondo le direttrici della decorazione, ma la fattura complessiva è decisamente più rozza, come testimoniato dall’uso di ciottoli più grandi (che ovviamente consentono una minor definizione dei dettagli e quindi producono disegni più grossolani) e soprattutto di colori, forme e dimensioni molto eterogenei.
Su tutta la superficie si notano inoltre alcune integrazioni di lacune o parziali rifacimenti di qualità più scadente rispetto all’originale.


Per approfondimenti sul repertorio figurativo del rissêu si rimanda al sito dello studioso e artigiano Luca Riggio.

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