Un antica COPERTURA DI LOSE: il castello di Sestola

Sestola è un piccolo paese dell’Appennino modenese a circa 1000 metri di quota dominato dal Castello, posto sulla cima di un alto sperone roccioso.

Il castello di Sestola

Le sue origini sono antichissime: è infatti attestato per la prima volta nel Diploma di Astolfo del 753 d.C., con il quale il re dei Longobardi donava il Castrum Sextulae e i territori circostanti all’abbazia di Nonantola. Dal 1337 fu invece sede del Governatore del Frignano nominato dagli Este.

L’aspetto attuale risale invece al XVI secolo. Nell’Ottocento divenne quindi un penitenziario, poi una scuola elementare, un osservatorio meteorologico e infine una sede museale, funzione che mantiene tuttora: vi hanno infatti sede il Museo della civiltà montanara e il Museo degli strumenti musicali meccanici, entrambi notevoli testimonianze di una cultura materiale ormai perduta.

L’edificio si presenta ben conservato, con un massiccio portale di ingresso con arco a sesto ellittico (Foto 1), evidenti resti di possenti fortificazioni (Foto 2), numerose stratificazioni e fasi costruttive (Foto 3) e infine caratteri stilistici tipici dell’edilizia rurale minore dell’Appennino emiliano, tra cui ad esempio un’enigmatica figura con significato apotropaico scolpita nel concio in chiave di un arco tamponato (Foto 4).

L’antico tetto di lose

Uno degli elementi di maggior interesse è però la copertura originale di lose (lastre di pietra localmente dette “piagne” – Foto 5), che seppur sottoposta a manutenzione con la probabile aggiunta di una guaina di impermeabilizzazione di colore grigio (parzialmente visibile sotto al manto di copertura), mantiene inalterati i propri elementi distintivi.

Particolare della linea di colmo

Il primo e più appariscente di questo è ovviamente proprio il manto di copertura formato da lastre di pietra locale di natura scistosa, cioè fratturabili lungo il piano orizzontale e perciò relativamente facili da suddividere in lastre: è un materiale molto comune negli edifici delle zone montane più marginali, perché facilmente reperibile in loco, economico e di lavorazione agevole e veloce. In Italia troviamo tetti di lose anche in Trentino, Valle d’Aosta, alto Piemonte e Lombardia, Liguria e Appennino tosco-emiliano, abruzzese e molisano.

Sono coperture molto resistenti agli agenti atmosferici, e in particolare alle basse temperature e ai cicli di gelo e disgelo, ma estremamente pesanti: sono dunque difficilmente trasportabili e rendono necessaria la costruzione di una struttura portante particolarmente massiccia e robusta.

La prima operazione consiste nell’estrazione delle lastre dalla cava con scalpelli, mazzuoli e cunei di legno, senza squadrarle in forme regolari ma semplicemente eliminando le parti fessurate, rotte o taglienti. Si passa quindi al trasporto, compiuto generalmente a dorso di mulo o, nelle zone più pianeggianti e a seconda della stagione, con slitte o carretti.

La posa in opera richiede tre fasi distinte: posizionamento, squadratura ed eventuale fissaggio.

Comignolo in pietra con minuscolo tetto a padiglione di piccole lose

Le lose vengono sistemate generalmente in due o tre strati partendo dal basso e procedendo fino al colmo (Foto 6). Le lastre vengono scelte con cura, disponendo quelle più ampie e pesanti vicino alla linea di gronda e utilizzando quelle più piccole e leggere lungo i displuvi e la linea di colmo. A questo punto lo scalpellino procede a una grossolana regolarizzazione e squadratura della lastra con una mazzetta da muratore, se necessario eliminando alcune porzioni per adattarla alla sua posizione. Nei tetti degli edifici più “ricchi” si praticano anche alcuni fori con un trapano manuale su ogni lastra per consentire il passaggio di chiodi o perni in metallo per il fissaggio al tavolato strutturale.
La sovrapposizione tra le lose è di circa 15-20 centimetri se sono previsti dispositivi di fissaggio, maggiore negli altri casi.

I displuvi e le linee di colmo vengono realizzati con normali coppi di laterizio o, come nella copertura del Castello di Sestola, mediante blocchi di pietra in cui è praticata una scanalatura centrale (Foto 7): questo sistema, sebbene assai rozzo e arcaico, contribuisce efficacemente a fissare le lose nei punti più delicati, evitando che un forte vento possa spostarle. A tale scopo talvolta vengono anzi disposti ulteriori sassi sull’intera superficie del tetto.

La copertura del Castello di Sestola presenta due altre particolarità: un comignolo in pietra (foto a sinistra) dotato di una minuscola copertura a padiglione di piccole lose e un  pinnacolo decorativo formato da una sfera di pietra su un piccolo sostegno piramidale, posto a coronamento di un tetto a padiglione con pianta quadrata (Foto 8).

3 thoughts on “Un antica COPERTURA DI LOSE: il castello di Sestola

  • September 25, 2018 at 9:17 am
    Permalink

    Sono uno storico prestato al giornalismo e sempre affascinata dalle antiche costruzioni; da 6 anni vivo in una di queste dimore dove ho cercato di mantenere la struttura antica. Vorrei evidenziarti nel mio spazio professionale, ma ho bisogno del tuo permesso.Complimenti

    Reply
  • September 25, 2018 at 9:19 am
    Permalink

    Sono uno storico prestato al giornalismo e sempre affascinata dalle antiche costruzioni; da 6 anni vivo in una di queste dimore dove ho cercato di mantenere la struttura antica; vorrei evidenziarti nel mio spazio professionale, ma ho bisogno del tuo permesso .
    Complimenti

    Reply
    • September 28, 2018 at 6:24 pm
      Permalink

      Grazie 1000 per la stima! Elena

      Reply

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *