Storie di PALIO e di ARCHITETTURA

Essendo – con grande orgoglio – una contradaiola senese, vorrei dedicare un post a due interessantissimi affreschi rinascimentali che rappresentano in modo estremamente diretto e vivido la tradizione italiana del Palio.

Il Palio, un’antica TRADIZIONE ITALIANA

Il Palio nel Medioevo era un avvenimento estremamente comune: qualsiasi città o Comune ne organizzava almeno uno all’anno per festeggiare il proprio Santo Patrono, le visite di personaggi importanti – ad esempio re e imperatori – o commemorare la sconfitta delle città rivali. Potevano essere ordinari, cioè legati a un avvenimento specifico e corsi con cadenza annuale, oppure straordinari, cioè organizzati una tantum per sottolineare una ricorrenza particolare.

Giovanni Francesco Toscani, cassone nuziale con il Palio di San Giovanni di Firenze (XV secolo). Cleveland Museum of Art

Lo modalità di svolgimento, quasi sempre accuratamente descritte negli statuti del Comune o in apposite ordinanze, variavano in base alla città e alla ricorrenza.
Le tipologie più comuni erano: con i cavalli o asini montati a pelo da fantini, con i cavalli scossi (cioè senza cavaliere) e la corsa a piedi. Ciascun Palio poteva anche prevedere varie corse, come ad esempio a Ferrara. Il percorso poteva essere alla lunga, cioè con il punto di partenza (detta generalmente mossa) diverso da quello di arrivo, oppure alla tonda, consistente in un circuito da ripetere un determinato numero di volte proprio come a Siena.

Il premio era costituito dal palio (in latino pallium), un drappo di tessuto prezioso il cui valore e caratteristiche erano minuziosamente stabilite. Il Palio più prestigioso era quello dei barberi, cioè dei cavalli da corsa: a differenza dell’odierno Palio di Siena – nato in realtà nel XVII secolo – non vi partecipavano contrade o rioni cittadini, ma nobili, agiati borghesi o perfino ecclesiastici proprietari di cavalli, che provvedevano anche all’ingaggio del fantino. Alcuni celebri personaggi storici, tra cui Lorenzo il Magnifico, erano proprietari di numerosi cavalli che iscrivevano a diversi palii.

Non è quindi sorprendente che quest’usanza così viva e sentita – molto diffusa anche nel Rinascimento e spesso fino ai primissimi anni dell’800 – abbia lasciato alcune notevoli testimonianze iconografiche. In questo post ne descriverò due a mio parere particolarmente significative.

Il Palio di Ferrara negli AFFRESCHI DI PALAZZO SCHIFANOIA

Il Palio di Ferrara – attualmente ripristinato in forme lievemente diverse rispetto all’originale negli anni ’30 del XX secolo – è uno dei più antichi di cui si abbia notizia, essendo attestato fin dal 1259 e corso ininterrottamente fino al 1600 circa. Le corse previste erano quattro: putti (ragazzi), putte (ragazze), asini e cavalli.

Ne resta una bellissima testimonianza iconografica del XV secolo: nel salone principale di Palazzo Schifanoia, la più antica dimora degli Este, il pittoreFrancesco del Cossa decorò le pareti con un ciclo di affreschi su vari mesi. Aprile è appunto dedicato al Palio in onore del patrono San Giorgio: era un palio alla lunga, corso da singoli cittadini o proprietari di cavalli (quasi sempre nobili) in rappresentanza di se stessi o della propria famiglia, e non di rioni o contrade.

Francesco del Cossa, Aprile (1468-1470). Ferrara, salone di Palazzo Schifanoia

Le quattro corse sono raffigurate come se si svolgessero contemporaneamente, cosa ovviamente impossibile, e si vede un bellissimo sfondo con una città quattrocentesca.
Il contesto è quello di una festa solenne: alle finestre degli eleganti edifici rinascimentali assistono dame e cavalieri dall’abbigliamento molto curato, mentre i balconi sono decorati da ricchi tappeti e drappi preziosi. Alcuni uomini, probabilmente i membri principali della famiglia degli Este, assistono seduti sotto un porticato, mentre sulla sinistra altri personaggi a cavallo vanno forse identificati con arbitri o giudici di pista incaricati di seguire lo svolgimento della corsa per sanzionare le scorrettezze.

La corsa sembra ritratta nelle sue fasi finali: le “putte“, quasi certamente donne del popolino o  prostitute, corrono con abiti corti al ginocchio che scoprono le gambe; mentre gli uomini indossano solo la camicia o addirittura un semplice perizoma, sembrano di età abbastanza avanzata e mostrano evidenti difetti come pance prominenti o calvizie. Asini e cavalli sono invece montati a pelo da fantini vestiti con calzamaglie e corte tuniche a mezza coscia strette in vita da una cintura. Sono ritratti nel pieno impeto della corsa, mentre allungano le briglie per sollecitare il galoppo, incitano i propri destrieri col nerbo o si voltano per controllare la posizione degli avversari.

I BARBARESCHI di Spilimbergo

Spilimbergo è un bellissimo borgo tardomedievale in provincia di Pordenone: com’è tipico di queste zone, numerose case e palazzi conservano i resti di pregevoli intonaci decorati di fine XIV o inizio XV secolo. Tra questi, il più elaborato e particolare è sicuramente il palazzo gentilizio quattrocentesco annesso al castello in stile gotico veneziano: la sua facciata venne affrescata da Andrea Bellunello verso il 1470 (Foto 1).

I barbareschi di Spilimbergo

La decorazione, molto ben conservata grazie a un accurato restauro, è particolarmente interessante per la presenza di numerose figure riquadrate da ricche colonne ed elementi architettonici: tra questi spiccano due giovani paggi che trattengono per le briglie due cavalli bianchi che si stanno impennando: si tratta probabilmente di barberi, cioè cavalli da Palio, con i relativi stallieri, in gergo definiti “barbareschi”.

Il contesto prettamente paliesco della raffigurazione a mio parere è deducibile da due indizi fondamentali:
1) I cavalli scossi: se infatti i due giovani fossero stati semplici scudieri o mozzi di stalla i cavalli sarebbero stati quasi certamente sellati o addirittura montati da dame o cavalieri. I Palii con i cavalli scossi erano invece molto comuni.
2) I paggi indossano una divisa araldica, che rispecchia i colori araldici o lo stemma di una casata. Per il primo barbaresco (Foto 3) l’ipotesi è confermata da alcuni intonaci decorati (Foto 3 e 4) con gli stessi colori di questo abito (rosso e verde – Foto 5), e per il secondo barbaresco (Foto 6) da due stemmi identici alla sua casacca rispettivamente dipinti su una porta del borgo (Foto 7) e sulla facciata di una casa (Foto 8). Si tratta probabilmente delle insegne dell’antica famiglia Spegenberg, di origini tedesche e signori di Spilimbergo (a cui hanno anche dato il nome).

É dunque possibile che i due cavalli appartenessero ai signori del castello (marito e moglie) o a due casate strette da vincoli di amicizia o di parentela che – dopo aver partecipato e magari vinto un importante Palio del circondario – vollero commemorare l’evento inserendolo nella decorazione della facciata


Fonti e approfondimenti

Per maggiori approfondimenti sul Palio nel Medioevo e nel Rinascimento si rimanda al prezioso libro di Duccio Balestracci La Festa in armi.

La fotografia del cassone nuziale con la corsa del Palio è tratta dal sito Conosci Firenze ed è visibile a questo link, contenente un interessante approfondimento sul Palio a Firenze.

La fotografia del mese di Aprile del salone di Palazzo Schifanoia è invece tratta da Wikipedia ed è visibile a questo link.

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