PAVIMENTI AD AMMATTONATO: caratteristiche e tessiture
Nei secoli scorsi e fino a non molto tempo fa i pavimenti ad ammattonato erano molto comuni in tutte le stanze delle abitazioni rurali o di edilizia minuta urbana, negli spazi di servizio come stalle e cucine dei palazzi signorili, nelle cantine o depositi e infine negli androni, cortili e marciapiedi. Negli ambienti di rappresentanza si usavano invece i veri e propri pavimenti decorati di cotto, spesso riccamente intarsiati con elementi figurativi, stemmi araldici o intricati motivi geometrici formati da piastrelle di varia forma e colore.
A seconda della destinazione d’uso e della tipologia di pavimentazione (interna o esterna) gli ammattonati potevano essere costituiti da mattoni veri e propri, mezzane (cioè tavelle con lo spessore di mezzo mattone generalmente utilizzate per la costruzione dello scempiato dei solai alla toscana) o sottili pianelle appositamente prodotte; forma e dimensione erano invece quelle dei comuni mattoni da muratura, con una spiccata variabilità in base alla zona e al periodo considerato.
Anche la tecnica di esecuzione variava notevolmente. Nelle stanze dei piani superiori portate da solai in legno si usava infatti un massetto piuttosto spesso detto cretonato: lo strato inferiore, più grossolano, era generalmente formato da sabbia, ghiaia e un po’ di calcina, mentre lo strato superiore, più fine e costituito da malta di calce, veniva accuratamente livellato e predisposto a ricevere la pavimentazione. Gli elementi erano posti a diretto contatto tra la loro e le fughe venivano stuccate con malta di calce, talvolta colorata con cocciopesto o pigmenti.
Le pavimentazioni dei cortili erano invece posate su un letto di sabbia o sabbia e calce ben costipata, battendo delicatamente ciascun pezzo con un mazzuolo di legno fino a raggiungere il livello prefissato e successivamente sigillando le fughe con sabbiella fine.
Anche l’estetica era molto importante, come abbiamo già visto analizzando il pavimento in mezzane della cantina di una casa nel centro di Siena con una datazione probabilmente compresa tra il XVII e la prima metà del XIX secolo, e il marciapiede di un’abitazione rurale ormai fatiscente della campagna bolognese.
Le tessiture attestate sono molto numerose:
– diritta orizzontale (Foto 1 e 2) o verticale (Foto 3), nella quale i mattoni vengono semplicemente accostati facendo coincidere le fughe;
– a correre, in Toscana detta anche a passo di gatto, nelle due varianti orizzontale (Foto 4) e verticale (Foto 5 e 6), in cui le fughe vengono regolarmente sfalsate attribuendo all’ammattonato un aspetto simile a quello di una muratura a una testa;
– diagonale, costituita da un semplice ammattonato con tessitura a correre e una giacitura a 45° (Foto 7 e 8);
– a fasce e guide con una fila di mezzane di fascia alternata regolarmente a una di costa (Foto 9 e 10); in alcuni casi le fughe vengono fatte combaciare per una maggior regolarità (Foto 11 e 12);
– a spina di pesce (Foto 13 e 14);
– a testa avanti o spina di pesce diritta (Foto 15 e 16);
– a spirale (Foto 17, 18 e 19): si tratta di una tessitura molto particolare, finora attestata unicamente nella cucina del Castello di Thun in provincia di Trento, che prevede la formazione di una spirale dal centro della stanza verso i suoi bordi. Dell’ammattonato originale si conserva purtroppo solo una piccola porzione corrispondente proprio al centro della stanza.
Le tessiture più semplici, diritte oppure a correre, erano quasi sempre riservate ai corridoi o altri spazi di passaggio, alle pavimentazione di cortili e marciapiedi o infine agli ambienti di servizio come stalle o cantine. In corrispondenza degli spigoli o delle diagonali di cortili quadrangolari si eseguivano dei raccordi con file di mattoni inclinati a 45° aventi la duplice funzione di motivo decorativo ed guida per il deflusso dell’acqua piovana (Foto 20).
All’interno dell’abitazione si preferivano invece schemi più decorativi: particolarmente apprezzata era ad esempio la spina-pesce.
In questi casi, poiché le stanze erano sempre lievemente irregolari, la pavimentazione veniva sempre divisa in tre zone: il campo centrale di forma quadrata o rettangolare con la tessitura decorativa, un bordo di raccordo formato da una o più file di mezzane di fascia e di costa e infine la soglia di porte e finestre con tessitura diritta oppure a correre (Foto 21, 22 e 23). Questo schema è chiaramente visibile ad esempio negli ambienti di una delle torri della Rocca di Vicopisano in provincia di Pisa o nella Palazzina del Giardino Ducale di Modena.
La posa di questi pavimenti risulta sempre molto precisa e accurata, ma le riparazioni successive dovute alla rottura di alcuni pezzi o all’usura per calpestio erano spesso eseguite in modo decisamente grossolano, come si nota in uno degli ambienti della Rocca di Vicopisano in cui la tessitura a spina di pesce è confusa e irregolare (Foto 24).