Simbologie medievali e rinascimentali: l’IMMAGINE DI SAN CRISTOFORO
Secondo post della nuova rubrica sulle simbologie di Medioevo e Rinascimento, questa volta dedicate alle immagini di San Cristoforo, molto diffuse soprattutto sulle facciate di chiese e cappelle del nord Italia e in particolare del Trentino e del Friuli Venezia Giulia.
Il motivo è semplice: nel Medioevo si credeva che – osservando un’immagine di San Cristoforo – per quel giorno si sarebbe evitato il pericolo di una morte improvvisa, cioè senza i conforti religiosi. Questa era un’evenienza particolarmente temuta, perché si riteneva che non potersi confessare in punto di morte avrebbe allungato la permanenza in Purgatorio o perfino condotto all’Inferno in caso di peccato capitale non espiato.
San Cristoforo era anche uno dei quattordici santi ausiliatori invocati per la protezione dalle disgrazie: a lui competeva la protezione dalla peste, vero e proprio terrore per gli uomini medievali.
Era inoltre il protettore dei viandanti, dei pellegrini e dei mestieri che presupponevano spostamenti frequenti, come carrettiere o venditore ambulante.
La leggenda di San Cristoforo
La storia di San Cristoforo – il cui nome in greco significa letteralmente “colui che porta il Cristo” – nel Medioevo era conosciuta nella versione narrata da Jacopo da Varagine nella sua Leggenda Aurea.
Il futuro santo era un gigante cananeo di nome Offesus che faceva il traghettatore lungo un fiume; aveva un pessimo carattere e viveva da solo in un bosco. Una notte gli comparve davanti un fanciullo che chiese di passare il fiume: il gigante se lo caricò in spalla e cominciò l’attraversata. Ma a ogni passo il bambino diventava sempre più pesante mentre la corrente del fiume diventata più impetuosa. Alla fine, stanchissimo, raggiunse l’altra sponda e depose il suo fardello: il bambino rivelò quindi di essere Gesù Cristo, e che egli aveva portato in spalla non solo lui, ma l’intero peso del mondo. Offesus si fece dunque battezzare, cambiando il proprio nome in Cristoforo. Si recò quindi in Licia dove subì il martirio.
L’immagine di San Cristoforo nella decorazione architettonica
L’iconografia di San Cristoforo (Foto 1, 2, 3, 4, 5 e 6) riprende fedelmente i punti salienti della sua leggenda. Viene infatti raffigurato in piedi, con dimensioni gigantesche, intenTo ad attraversare un fiume con Gesù Bambino a cavalcioni di una spalla. Spesso indossa un mantello rosso foderato di pelliccia e impugna un bordone (il classico bastone da pellegrino) che termina con la palma simbolo del martirio.
Le dimensioni dell’immagine sono sempre colossali, soprattutto se rapportate a quelle degli altri affreschi devozionali: questo sia per motivi iconografici derivanti dalla sua natura di “gigante”, sia per il significato apotropaico dell’immagine, che doveva essere visibile anche da lontano.
La sua collocazione è abbastanza caratteristica: l’immagine di San Cristoforo si trova sempre in spazi aperti molto frequentati, come le porte urbane, i cortili dei castelli, i campanili (Foto 1) e soprattutto le facciate delle chiese. Questo fenomeno in Trentino e Friuli Venezia Giulia risulta particolarmente vistoso, perché le immagini di San Cristoforo hanno una diffusione capillare, probabilmente grazie alla tradizione di affrescare completamente le facciate esterne delle chiese.
Si tratta quasi sempre di decorazioni eterogenee, frutto dell’usanza – da parte dei nobili o delle persone più eminenti del paese – di commissionare un affresco per adempiere a un voto o commemorare un evento di famiglia. I temi ricorrenti sono l’immagine della Madonna, il santo patrono del luogo, altri santi particolarmente venerati e scene della vita di Cristo o dell’Antico Testamento. In un caso – la pieve di San Vigilio di Pinzolo – troviamo anche la celebre Danza Macabra che abbiamo analizzato in un altro post.
Nelle chiese più piccole come San Vigilio a Molveno (Trento – Foto 7), Sant’Alessandro a Sanzeno (Trento – Foto 8), San Tommaso a Cavedago (Trento – Foto 9) e i Santi Pietro e Biagio a Cividale del Friuli (Udine – Foto 10) l’immagine si trova sempre nella facciata principale, a destra o a sinistra dell’ingresso.
Negli edifici più grandi come la pieve di San Vigilio a Pinzolo (Trento – Foto 11, rettangolo rosso) e il Duomo di Spilimbergo (Pordenone – Foto 12, rettangolo rosso) può essere collocata anche sulla facciata laterale in corrispondenza di un ingresso secondario. Nel caso dell’esemplare di Pinzolo, tuttavia, occorre ricordare che l’attuale ingresso è più tardo e ha comportato la perdita della metà inferiore dell’immagine (Foto 6).
A volte San Cristoforo veniva posto anche all’interno degli edifici religiosi come il Battistero di Parma (Foto 2) o il Duomo di Trento (Foto 13): anche in questi casi si tratta di affreschi devozionali commissionati da famiglie nobili, corporazioni, confraternite o semplici privati. Quando si esauriva lo spazio a disposizione si sovrapponeva un nuovo strato senza alcun riguardo per le immagini considerate superate: è quanto si nota ad esempio nel Duomo di Trento, in cui il santo è parzialmente nascosto da una pittura più recente.
Conoscere la collocazione e l’iconografia di San Cristoforo è utile durante un restauro soprattutto per intuire il soggetto di un affresco che traspare dalla lacuna di un intonaco più tardo (Foto 14 – rettangolo rosso) o ricostruire il soggetto di una pittura ormai illeggibile: nel cortile del Castello di Avio, accanto ai resti di una finta tappezzeria con un motivo a losanghe, si notano infatti le gambe aperte di una figura gigantesca (Foto 15), purtroppo ormai perduta, che per le dimensioni e la posizione potrebbe essere proprio un’immagine di San Cristoforo.