ANTICHE CHIESE SARDE con volte e cupole protette da malta pigmentata

Dedico questo post alla mia amica e collega dottoressa Stefania Nonne, fiera Cagliaritana e guida validissima.


Nei paesi mediterranei e in particolare Grecia e Italia meridionale sono molto diffuse le chiese con cupole e strutture voltate che – a differenza di quelle dell’Europa continentale – non risultano protette da elementi costruttivi come tetti a capanna sorretti da capriate o calotte esterne più leggere: in tali casi dunque la copertura dell’edificio coincide con l’estradosso delle volte.

Questa soluzione riguarda soprattutto le chiese medievali più piccole e modeste, ma non mancano edifici assai più rilevanti come la chiesa di San Cataldo a Palermo (XII secolo), uno dei capolavori dell’architettura arabo-normanna. In altri casi invece la presenza di tali volte o cupole coesiste con quella di tetti piani o a capanna generando esiti formali decisamente interessanti grazie all’uso di volumi puri come prismi, semisfere e mezzi cilindri. Particolare cura veniva inoltre posta nella protezione dalle intemperie di queste strutture prevedendo un ingegnoso sistema di scolo delle acque piovane e uno spesso strato protettivo in malta pigmentata in pasta.

I colori riscontrati sono il bianco, un blu molto intenso (soluzione molto comune ad esempio sull’Isola greca di SantoriniFoto 1 e 2), il rosso scuro (visibile ad esempio nella chiesa di San Cataldo a Palermo, anche se questo colore potrebbe essere dovuto a un errore di interpretazione in un restauro ottocentesco), nero o grigio scuro, giallo e infine rosa. Questi ultimi sono i colori più comuni dovuti rispettivamente all’uso di una malta di cocciopesto formata da calce aerea e laterizi macinati di cotto giallo o rosso, oppure all’uso di una calce idraulica e un inerte costituito da polvere di arenaria o pietra calcarea di colore giallo ocra.
Il grigio scuro si otteneva invece con l’uso di malta pozzolanica formata da calce, sabbia e cenere vulcanica di colore grigio-nero, oppure mediante polvere di carbone in funzione di pigmento. Il bianco era infine dovuto a una malta di grassello di calce aerea – per sua natura di un bianco molto intenso – con inerte di marmo o pietra calcarea bianca macinata, mentre il blu era il colore più costoso e richiedeva specifici pigmenti.

L’uso della malta di pozzolana (lapillo vulcanico macinato) o di cocciopesto, per loro natura idrauliche e perciò in grado fare presa anche in presenza di acqua, aveva il grande pregio di garantire un’ottima resistenza all’umidità e all’azione di dilavamento meccanico della pioggia battente. Tuttavia, per mantenere la propria efficacia doveva essere stesa in grandi spessori e rinnovata periodicamente.

Esaminiamo adesso più da vicino le coperture di quattro chiese della Sardegna, regione esattamente al centro del bacino del Mediterraneo in cui questo sistema costruttivo è ben attestato.

Chiesa di Santa Maria del Santo Monte di Pietà o Santa Maria del Monte a Cagliari

Ubicata nell’antico quartiere di Castello (Casteddu in sardo, nome che designa anche la città) venne costruita nel XVI secolo in stile gotico catalano.
La pianta è ad aula unica con tre campate con volte a crociera e una cupoletta a pianta ottagonale in corrispondenza del coro: questo sistema voltato traspare perfettamente anche all’esterno, perché le murature laterali della chiesa formano una serie di “gobbe” in corrispondenza di ciascuna campata (Foto 3).
Manca qualsiasi sporto di gronda sia sulla facciata principale sia lungo le pareti laterali, mentre l’acqua piovana viene raccolta nelle depressioni tra le volte e convogliata entro condutture probabilmente in terracotta che sfociano all’esterno in corrispondenza della facciata principale mediante passafuori in pietra con sezione a U (Foto 4).
L’estradosso delle volte e della cupola, che fungono anche da copertura, sembrano protette da una guaina di impermeabilizzazione che ha sostituito l’originario strato di malta protettiva.

Chiesa di Santa Chiara a Cagliari

L’edificio, in stile barocco, fu costruito alla fine del XVII secolo in sostituzione di una chiesa preesistente dedicata a Santa Margherita. Possiede una struttura molto semplice, ad aula unica con cappelle laterali. Il sistema di copertura è formato da un’unica grande volta a botte (Foto 5) che ai lati si incurva in una soluzione costruttiva a doppia inflessione tipica di altre chiese cagliaritane di epoca barocca. Questo sistema da luogo a geometrie decisamente interessanti soprattutto sulla facciata principale e consente un ottimo deflusso dell’acqua piovana, che dall’estradosso della volta a botte defluisce nelle due ampie canaline laterali: queste, in lieve pendenza verso il centro dell’edificio, a loro volta convogliano l’acqua verso due tubazioni incassate nelle murature (una per ciascun lato dell’edificio), una delle quali è posta in corrispondenza del campanile a vela (Foto 6). Da qui, l’acqua fuoriesce attraverso due piccoli passafuori in pietra.
Anche in questo caso l’originaria malta protettiva sembra essere stata sostituita da una guaina impermeabilizzazione di colore rosso-rosa.

Chiesa di San Giovanni a Sinis (Cabras)

La piccola chiesa di San Giovanni a Sinis, una frazione del comune di Cabras in provincia di Oristano, è invece decisamente più antica. Fu costruita nel VI secolo e successivamente ampliata nel IX-X secolo: il suo aspetto attuale è rimasto pressoché immutato fin dall’Alto Medioevo. In stile romanico, si caratterizza per l’uso di tecniche costruttive molto povere e di soluzioni formali e distributive estremamente arcaiche.
L’interno è diviso in tre navate, ciascuna delle quali coperte da una volta a botte indipendente: l’impianto planimetrico è chiaramente percepibile anche sulla facciata principale dalla tipica suddivisione in tre campate indipendenti (Foto 7).  La navata centrale, leggermente più alta delle altre, è dotata anche di un piccolo transetto; mentre le spinte laterali delle volte a botte delle navate laterali sono contrastate da poderosi contrafforti (Foto 8). All’incrocio tra il transetto e la navata principale si trova una semplice cupola emisferica (Foto 9), mentre una cupoletta più modesta copre l’abside di forma semicircolare (Foto 10).

 

Il sistema di smaltimento delle acque è semplice ma ingegnoso: l’acqua che cade sulla cupola del transetto, cioè il punto più alto dell’intera copertura, defluisce in due piccole canalette ubicate tra le volte a botte delle tre navate; queste, in lieve pendenza verso l’esterno, sfociano sulla facciata principale con due rozzi passafuori costituiti da semplici lastre di pietra leggermente inclinate (Foto 11 cerchio rosso).
Anche in questo caso volte e cupole sembrano protette da una guaina di impermeabilizzazione di colore rosso per richiamare l’originario strato di malta protettiva ormai scomparso.

Chiesa di San Giovanni Battista ad Assemini

Questa piccola chiesa di Assemini (Cagliari) è un raro esempio di architettura bizantina sarda. Costruita tra il IX e il X secolo ha una pianta a croce greca inscritta in un quadrato: le sue caratteristiche più appariscenti sono la facciata principale con un campanile a vela molto slanciato con arco a tutto sesto (Foto 12) e la copertura particolarmente elaborata.
Al centro dell’edificio si trova infatti una cupola emisferica sormontata da un pinnacolo, che sovrasta nettamente il resto della copertura grazie all’alto tamburo cubico simile a una torretta; mentre le sezioni laterali sono caratterizzati da piccoli tetti a capanna (Foto 13). La navata principale è invece dotata di una semplice volta a botte (Foto 13).
Il sistema di smaltimento delle acque piovane è molto simile a quello della chiesa di Sinis e si basa su strette canalette tra le volte a botte e i segmenti di tetto a capanna che terminano con piccoli passafuori in pietra a forma di U (Foto 14).
Molto significativa è infine la presenza di uno strato protettivo in malta di cocciopesto (molto probabilmente di restauro) dal probabile spessore di 8-10 cm, che fornisce un’idea assai precisa su come dovevano apparire originariamente le coperture delle altre chiese qui descritte. Il colore della malta, un rosso molto intenso, è dovuto all’uso di una malta di semplice calce aerea e polvere di mattoni con funzione sia di inerte che di additivo idraulicizzante.

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