Cotti ornamentali: le COLONNE A SPIRALE di Casa Tacconi
Le Case Tacconi in Piazza Santo Stefano a Bologna – uno degli spazi urbani più suggestivi della città – sono alcuni splendidi esempi di case porticate tardomedievali (seconda metà del XIV – inizio XV secolo) in origine abitate dalle famiglie di alcuni facoltosi mercanti.
Tra queste, l’edificio al civico 13 (Foto 1) si distingue per il suo pregevole portico con quattro colonne di cotto con decorazione a spirale, ciascuna delle quali con un motivo ornamentale diverso (Foto 2 e 3). Infatti, ponendoci frontalmente rispetto al fronte abbiamo:
– Semicolonna sinistra: profonde scanalature in senso antiorario alternativamente concave (profilo a scozia) e convesse (profilo a toro – Foto 4).
– Colonna sinistra: leggere scanalature in senso orario simili a quelle delle colonne di ordine dorico (Foto 5).
– Colonna destra: una serie scanalature accostate in senso orario a forma di toro (Foto 6).
– Semicolonna destra: scanalature in senso orario simili a quelle delle colonne doriche, ma di larghezza maggiore (Foto 7).
Le scalanature si arrestano a circa cinque centimetri di distanza dalla base e dalla sommità del fusto di ciascuna colonna formando una sorta di collarino decorativo (Foto 7). I capitelli sono una variante dell’ordine composito. Le colonne poggiano su un largo muretto con altezza di circa un metro che funge da stilobate, mentre le due semicolonne laterali sono unite a un robusto pilastro rettagolare decorato sa semplici specchiature geometriche (Foto 8).
Questo esemplare costituisce uno dei migliori esempi di portico bolognese rinascimentale. Infatti, anche se i materiali sono quelli consueti, cioè basi e capitelli in arenaria gialla e fusti delle colonne in laterizi speciali sagomati, la decorazione a spirale ha richiesto una lavorazione estremamente complessa.
Ciascuna colonna è costituita da veri e propri mattoni speciali: osservando con attenzione alcuni fusti sono infatti evidenti i giunti di malta, estremamente sottili, in senso sia orizzontale che verticale (Foto 9, 10, 11, 12, 13 e 14). Dato il diametro notevole, le colonne sono probabilmente formate da un nucleo interno in mattoni comuni e dal rivestimento con i pezzi speciali. Ciascuno di questi è quasi certamente a forma di tronco di piramide per consentire una buona adesione della malta di allettamento pur mantenendo i giunti superficiali praticamente invisibili. La superficie, sebbene nascosta in alcuni punti da un leggero strato di deposito superficiale, si presenta liscia, lucida e di colore rosso vivo: ciascun elemento è stato dunque levigato dopo la cottura e, dopo la posa in opera, sottoposto a un’ulteriore finitura.
Le ipotesi più accreditate sono due: una spalmatura a pennello di olio di lino cotto con l’aggiunta di pigmento rosso per uniformare il colore, oppure la sagramatura bolognese, un trattamento superficiale – attestato gi- che consiste nello sfregare la superficie del laterizio con un mattone intriso di cocciopesto, in modo da lisciare ulteriormente la superficie e saturare ogni poro.
Ricostruire la tecnica di lavorazione dei pezzi di rivestimento è invece molto più arduo. A mio parere, poiché ogni pezzo è diverso dall’altro e ciascuna colonna si differenzia per la decorazione, possiamo escludere una realizzazione a stampo, perché costruire numerosi stampi per un unico utilizzo (nel centro storico di Bologna non sono infatti attestate altre colonne simili a questa) sarebbe stato estremamente dispendioso in termini di tempo, fatica e costo della manodopera.
L’ipotesi più plausibile prevede dunque la modellazione a crudo con martello e scalpello. La fasi di lavorazione avrebbero perciò potuto essere le seguenti:
1) Realizzazione a stampo di elementi di colonna a forma di settore circolare con diametro leggermente superiore a quello della colonna finita.
2) Montaggio provvisorio nei pressi della fornace.
3) Esecuzione della decorazione con martello, scalpello e polvere abrasiva.
4) Smontaggio della colonna così costituita e identificazione di ciascun pezzo con un simbolo, una lettera o un numero per il rimontaggio, tracciato ovviamente in una zona nascosta.
5) Cottura in una fornace da laterizi.
6) Trasporto in cantiere.
7) Posa in opera definitiva seguendo il codice tracciato allo scopo e forse con l’aiuto di schizzi o schemi di montaggio.