Fatti non foste a viver come bruti…

Fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.

Il Duomo di Siena: sulla sinistra si intravvede il cosiddetto “Facciatone”

Così Ulisse si rivolge a Dante nel canto XXVI dell’Inferno e proprio con queste parole vorrei iniziare la mia riflessione sull’importanza del bello, dell’arte e della cultura (e dunque del restauro, che dell’arte e dell’architettura è un complemento indispensavile) ai tempi del Coronavirus. L’arte, il bello e la cultura sono una componente fondamentale della nostra vita: è proprio nei momenti di forte crisi e stravolgimento totale che ripensare all’arte e alla cultura ti può salvare la vita, perché arte e cultura danno un profondo senso alla vita.

Carlo Levi nel suo esilio di Grassano e poi Aliano si fa mandare libri, tele, pennelli e colori per continuare a pensare, a creare, a lavorare e perciò a vivere: lo ricorda lui stesso nel suo bellissimo racconto autobiografico Cristo si è fermato a Eboli, un libro di cui oggi consiglio vivamente la lettura a tutti quanti.

Un “dono” della Peste Nera del 1348: il Facciatone del Duomo Nuovo di Siena, un’immensa cattedrale (di cui la chiesa attuale sarebbe stata il transetto) interrotta dall’epidemia nelle prime fasi della costruzione

Ungaretti ha scritto alcune delle sue poesie più belle dentro una trincea, mentre fuori infuriava la battaglia e si rischiava la vita in ogni instante. Questa è la più bella:
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.

In Se questo è un uomo (nel capitolo Il Canto di Ulisse) Primo Levi ricorda di aver cominciato a insegnare l’italiano a un compagno di prigionia che glie lo aveva chiesto proprio citando a memoria alcuni canti dell’Inferno durante una corvee per portare il rancio agli altri prigionieri del Kommando che lavoravano nel cantiere della Buna.

E come dimenticare il Decamerone, uno dei più grandi capolavori della letteratura medievale? Sette ragazze e tre ragazzi che, nell’infuriare della grande epidemia di peste di metà ‘300, si ritirano in campagna per passare le giornate ballando, facendo musica, scherzando e raccontandosi novelle nel tentativo di dimenticare le angosce del presente.

Il lato posteriore del Facciatone del Duomo di Siena: un’immensa quinta urbana che domina il paesaggio e da cui si gode di una vista spettacolare sull’intera città e la campagna circostante

Ecco quello che possiamo fare: RADUNARCI. Non fisicamente purtroppo, ma virtualmente nei gruppi e nelle pagine facebook dedicati al restauro. E possiamo lavorare: non nei cantieri con bisturi e pennello, ma nelle nostre case con penna e quaderno o mouse e pc. Possiamo studiare quei tomi che ci aspettano da mesi o forse anni sugli scaffali della libreria; pensare a nuovi progetti; scrivere libri e articoli già commissionati come farò io; seguire corsi on line; vedere documentari e ascoltare conferenze; telefonare ai colleghi e accordarsi sulle future collaborazioni. Possiamo parlare a chi non sa nulla di restauro per fargli capire l’importanza di tutelare il nostro patrimonio culturale e il significato del nostro ruolo: perché quel patrimonio è la nostra identità e l’identità oggi è fondamentale per sentirci parte di una comunità. Lo dimostrano gli italiani che espongono la bandiera alla finestra, i contradaioli di Siena che suonano i tamburi e cantano le canzoni tradizionali facendosi eco e coraggio da una casa all’altra, i pugliesi che ballano la pizzica sui balconi e i musicisti che hanno suonato i loro strumenti in un grande concerto virtuale.

Tra qualche tempo tornerà tutto normale: torneremo ai nostri cantieri e alle nostre consulenze, ma dobbiamo farlo con molta più forza, più amore, più passione, più coraggio e consapevolezza di prima. La passione smuove il mondo e da senso alla vita; i sogni e la passione rendono tutto possibile. Ci sarà da combattere ancora più duramente rispetto a come siamo abituati.
Perciò prepariamoci e facciamo di questo periodo un’occasione di rinascimento.

Lo splendido portale gotico del Facciatone, perfettamente rifinito in ogni minimo particolare

Sì, perché la Peste Nera buttò le basi del Rinascimento. Alla fine dell’epidemia i sopravvissuti si aggiravano spaesati nelle città ormai spopolate, tra case vuote e abbandonate. Ma la peste aveva mostrato i suoi effetti: decimati il clero e la classe dirigente, spazzati via interi governi cittadini, rinnovate le corporazioni, un mondo da ricreare per chi era rimasto. I sopravvissuti avevano voglia di normalità e ritrovarono subito la gioia di vivere: si affermarono nuove mode e nuove idee, le merci e le persone ripresero a viaggiare ancora più di prima, tornarono le grandi feste cittadine e le fiere di mercanti, le università riaprirono i battenti. C’era un grandissimo fermento sociale, economico, artistico, scientifico e culturale, che durò anni e poi decenni e che verso il 1420 esplose con la riscoperta dell’antico, cioè ciò che noi chiamiamo il Rinascimento.

Ma la Peste Nera ci ha anche lasciato un “incompiuto” che ha creato uno degli scorci urbani forse più belli d’Italia, e che io adoro nel modo più assoluto: il Facciatone del Duomo di Siena, l’immensa facciata incompiuta – ma con un portale gotico perfettamente cesellato fin nei minimi dettagli – di una cattedrale mai costruita, di cui la chiesa attuale sarebbe stata il transetto.
Una mezza navata colossale che ci ha lasciato una quinta urbana imponente, sui cui si può salire e ammirare una vista spettacolare dell’intera Siena e della campagna circostante. Da lì sembra di volare, di poter toccare la Torre del Mangia così leggera da sembrare eterea: se ripenso al Facciatone io penso che andrà tutto bene e una delle prime cose che farò quando potrò ritornare a Siena sarà salirci sopra.

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