Appennino tosco-emiliano: PICCOLE COMODITA’ in alcune vecchie case contadine
Fino agli anni ’30 del secolo scorso gran parte della popolazione italiana viveva ancora nelle campagne, impiegata in attività connesse all’agricoltura, all’allevamento e alla pastorizia, e abitando spesso in case fatiscenti, sovraffollate e prive di adeguate dotazioni igieniche come bagni moderni e acqua corrente. Si trattava dunque di condizioni di vita estremamente dure e precarie, rappresentate egregiamente in alcuni splendidi film come l’Albero degli Zoccoli di Ermanno Olmi.
Tuttavia, questi contadini cercavano comunque – per quanto possibile – si facilitarsi il lavoro e la gestione della casa con piccoli, ma spesso geniali accorgimenti: ho potuto documentare alcuni di essi visitando due antiche case rurali dell’appennino tosco-emiliano al confine tra le provincie di Ravenna, Bologna e Firenze.
Accanto all’entrata principale della casa, spesso adornata con una piccola nicchia per ospitare una statuetta della Madonna o l’immagine di un santo particolarmente venerato nelle zone rurali come Sant’Antonio Abate, erano posti un anello per legare gli animali (Foto 1 – quadrato giallo e Foto 2) e un ferro sagomato saldamente fissato alla parete della casa oppure al marciapiede (Foto 1 – quadrato blu e Foto 3).
L’anello era assolutamente fondamentale per consentire di caricare e scaricare agevolmente gli animali da soma (normalmente asini oppure muli) o riempire e svuotare il carro da provviste, legna da ardere, attrezzi o prodotti da rivendere al mercato abbreviando il più possibile il tragitto da compiere con il carico. Una volta terminate queste operazioni l’animale veniva trasferito nella stalla e l’eventuale carro messo al riparo in una rimessa o sotto una tettoia.
Il ferro sagomato serviva invece a pulire scarpe e zoccoli dalle incrostazioni di fango. I pavimenti interni – normalmente costituiti nelle case più ricche da ammattonati di cotto molto poroso, strati in malta di calce o cocciopesto o, nelle abitazioni più modeste, perfino da semplice terra battuta – erano infatti molto difficili da tenere ben puliti, perché per rimuovere le macchie occorreva strofinarli vigorosamente con una spazzola dopo aver attinto al pozzo l’acqua necessaria.
Il cuore della casa era invece costituito dalla cucina, in cui si svolgeva gran parte della vita famigliare: oltre infatti alla preparazione e consumazione dei pasti, vi si eseguivano piccoli lavori come il rammendo e la cucitura degli abiti, la filatura e tessitura della canapa, la produzione di ceste e piccoli utensili in legno come taglieri, ciotole e cucchiai spesso destinati ai mercati cittadini. La sera invece ci si riuniva a veglia o si recitava il rosario; i bambini facevano i compiti di scuola e – normalmente una volta alla settimana – ciascun membro della famiglia faceva il bagno dentro una tinozza di acqua calda. Inoltre, poiché era spesso l’unico locale riscaldato della casa, nei mesi freddi vi si ricevevano gli ospiti di riguardo come il parroco, il medico o, per i mezzadri, il padrone del podere o un suo uomo di fiducia.
La cucina era sempre dominata da un grande camino con la cappa in pietra o mattoni refrattari leggermente rialzata rispetto alla quota del pavimento. Vi si trovava una catena con un grande paiolo appeso per far bollire l’acqua o preparare la polenta (alimento base della dieta contadina); e un set di attrezzi formato da una coppia di alari per impedire ai ciocchi di legna di rotolare all’interno della stanza, uno scopetto di saggina e una paletta per rimuovere la cenere, un ferro uncinato per ravvivare le braci e sollevare i recipienti roventi e una speciale molla per prelevare braci e tizzoni ardenti. Durante la notte le braci venivano tenute coperte dalla cenere per tenerle sempre accese in sicurezza, mentre al mattino la massaia ravvivava il fuoco aggiungendo fascine e piccoli tronchetti.
Il camino aveva dunque quattro funzioni principali: riscaldare e illuminare la stanza, riscaldare l’acqua e cucinare.
Sempre per cucinare, si usava però un altro geniale dispositivo, già noto – con alcune varianti – anche agli antichi Romani: si tratta delle fornacette o fornaselle, antenate della più recente “cucina economica“.
Si trattava di piccole aperture quadrate o circolari praticate in uno spesso piano cottura di pietra o mattoni intonacati (Foto 4) sostenuto da muretti o pilastrini. Queste aperture erano dotate di piccole griglie in ghisa o ferro battuto (Foto 5) su appoggiare pentole e padelle. All’interno del piano cottura si trovava un’ampia cavità, accessibile anteriormente per mezzo di piccole nicchie (Foto 6), in numero corrispondente a quello delle fornacelle ed eventualmente dotate di uno sportellino, in cui si inserivano le braci o i carboni ardenti prelevati dal camino o dalla stufa per alimentare il fuoco. Sotto al piano cottura si trovava invece uno spazio vuoto in cui eventualmente riporre la legna o le fascine necessarie ad alimentare il fuoco.
Grazie alle fornacelle si potevano cucinare contemporaneamente diverse pietanze (soprattutto se a cottura lenta e prolungata), riscaldare cibi già cucinati o preparare il caffè. Il piano di cottura con le fornacelle era normalmente ubicato immediatamente a fianco del camino o davanti a una finestra per sfruttare il più possibile la luce e il calore del sole e ridurre l’ingombro all’interno della stanza grazie alla strombatura delle finestre.
La cucina della casa contadina era però completata anche da un acquaio in cui lavare i piatti e fare il bucato. Nei casi più semplici si trattava di una semplice vasca quadrata o rettangolare di pietra o mattoni intonacati (Foto 8), ma talvolta si trovano anche strutture più elaborate con lavatoio integrato, come questo esemplare nella casa di campagna di un mio amico (Foto 9).
Si tratta di un basso muretto trapezoidale inserito anche in questo caso nella strombatura di una finestra, sia allo scopo di sfruttare al meglio uno spazio normalmente poco utilizzato, sia per godere del tepore e della luce del sole durante i mesi freddi. Sul piano superiore del muretto si trova una vasca ovale poco profonda (Foto 10) di un materiale non identificabile a causa di numerose mani di vernice rossa, in cui si versava l’acqua calda e che poteva essere svuotata grazie a un foro munito di tappo comunicante con l’esterno (Foto 11). Un lavatoio fisso, leggermente inclinato e dotato di scanalature per scolo dell’acqua (Foto 12), consentiva invece di sbattere e strofinare i panni da lavare o di mettere a scolare le stoviglie.