Uno STENCIL MEDIEVALE? Tecniche di esecuzione delle FINTE TAPPEZZERIE di Castelvecchio

Il 14 febbraio 2020, visitando il Museo di Castelvecchio a Verona, mi sono imbattuta in sette splendide finte tappezzerie tardomedievali, probabilmente databili agli ultimi decenni del XIV secolo.
Una di esse, quella peggio conservata, ha attirato la mia attenzione perché, grazie al suo degrado, si intuiva molto bene la possibile tecnica di esecuzione.

Il motivo decorativo

La finta tappezzeria in questione si caratterizza per un motivo costituito da quadrilobi verdi alternati a croci gialle con i lati a punta, il tutto su uno sfondo rosso (Foto 1). Entrambi gli elementi sono arricchiti da due nastrini di bordatura, uno bianco più spesso e uno più sottile di colore nero, e presentano ulteriori decorazioni: elementi fitomorfi stilizzati nei quattro lati e una figura centrale costituta da un fiore di acanto stilizzato o un medaglione simile a un rosone. Altri fiori stilizzati entro piccole losanghe si alternano infine regolarmente agli elementi di maggiori dimensioni.

Si tratta di una decorazione assai comune, visibile con lievi varianti sia nelle decorazioni di alcune sale attigue (Foto 2 e 3), sia – in forma praticamente uguale – nell’intonaco di una piccola loggetta porticata inserita da Ambrogio Lorenzetti nella sua veduta della Siena trecentesca (si tratta infatti di un particolare del celebre affresco Gli effetti del Buon Governo in città, visibile al primo piano del Palazzo Pubblico di Siena – Foto 4).
I colori – giallo, rosso, verde, bianco e nero –  sono quelli canonici delle decorazioni di interni e di facciata tardomedievali e corrispondono ai pigmenti più economici e comuni descritti da Cennino Cennini ne Il libro dell’arte: ocra per il giallo; bolo o sinopia per il rosso; verdeterra per il verde; grafite, nerofumo o carbone di vite (un pigmento detto appunto “nero di vite“) per il nero e infine latte di calce o bianco Sangiovanni, un pigmento bianco ottenuto dalla calce aerea.

Questi pigmenti potevano essere usati puri per ottenere colori accesi e vivaci, oppure addizionati con bianco Sangiovanni o mescolati tra loro se si desideravano sfumature intermedie o toni più delicati.
Come sempre, anche la struttura della nostra finta tappezzeria è divisa in tre fasce ben distinte (Foto 5): un basso zoccolo che simula un rivestimento con lastre di marmo a forma di elaborati quadrilobi con al centro piccoli rosoni intarsiati (Foto 6); la finta tappezzeria nella porzione centrale (assai più ampia – Foto 1) e un fregio con motivi vegetali nella fascia immediatamente sotto ai travetti del solaio.

Tecnica di esecuzione

In alcune zone la superficie si presenta molto degradata, con estesa erosione e dilavamento della pellicola pittorica superficiale, che ha comportato la difficile leggibilità del motivo decorativo con perdita quasi totale dei dettagli più minuti (Foto 7). Molto interessante è inoltre il degrado differenziale manifestato dai vari colori, con il giallo e il rosso ancora leggibili e relativamente ben conservati, e il verde ridotto a poche tracce sparse. (Foto 8). Tuttavia, proprio il degrado ha messo in luce una serie di tracce e indizi particolarmente utili per ricostruire l’intero ciclo di lavorazione.

La tecnica fondamentale è quella dell’affresco eseguito per pontate successive procedendo dall’alto verso il basso. I dettagli più minuti sono stati invece eseguiti sempre nella stessa giornata di lavoro, ma in un secondo tempo, quando l’intonaco aveva già cominciato a carbonatarsi. La qualità esecutiva delle finte tappezzerie di Castelvecchio – comunque di notevole pregio estetico e grande impatto visivo – è piuttosto sommaria, come dimostrano le numerose imprecisioni: le parti verdi della finta tappezzeria della Foto 3 mostrano ad esempio evidenti pennellate (Foto 9) eseguite con un pennello di dimensioni medio-grandi in direzione parallela ai contorni del disegno e senza curarsi troppo della perfetta uniformità dello sfondo. La velocità di esecuzione, notevolmente facilitata dalla ripetitività del motivo modulare, doveva perciò essere elevata, e con una squadra numerosa un’intera stanza richiedeva  solo pochi giorni di lavoro.

Per prima cosa in tutte le pareti è stato tracciato un reticolo di linee orizzontali e verticali per mezzo di una lignola (sottile cordicella che veniva intrisa di pigmento e successivamente “battuta” sulla parete da decorare in modo che lasciasse una traccia colorata) cosparsa di pigmento rosso, quasi certamente sinopia: lo dimostrano alcune tracce visibili nella nostra finta tappezzeria (Foto 10), in quella di una sala adiacente (Foto 11) e su un affresco con scene figurative (Foto 12). Tracce ancora più estese di questa prassi di lavorazione si notano in altre decorazioni trecentesche, tra cui ad esempio quella del piano terra della Casa delle Guardie del Castello di Avio (Trento – (Foto 13).

A questo punto è stato tracciato a pennello il disegno preparatorio vero e proprio e si sono stesi ad affresco i colori dello sfondo rosso, dei quadrilobi verdi e delle croci gialle: lo si nota molto bene esaminando alcune porzioni della muratura, in cui il dilavamento parziale della pellicola pittorica superficiale ha quasi cancellato i dettagli eseguiti quando l’intonaco aveva già cominciato a fare presa (Foto 7 e 8).

Subito dopo, nell’ambito di una stessa giornata di lavoro, la decorazione è stata completata applicando in due tempi i ritocchi finali, eseguiti con veloci pennellate a mano libera: dapprima la bordura dei singoli elementi decorativi e lo sfondo dei rosoni, entrambi bianchi; e successivamente le decorazioni vegetali stilizzate, la parte scura dei rosoni e il nastrino più sottile di colore nero. L’esecuzione in due tempi di questi dettagli è dimostrata proprio dall’imprecisione del nastrino nero, che in alcuni punti si sovrappone sia al nastrino bianco, sia ai quadrilobi eseguiti a fresco (Foto 14).

 La stessa tecnica si nota anche l’esecuzione della finta tappezzeria della Foto 3, il cui stato di conservazione nettamente migliore consente di osservare i dettagli degli elementi vegetali stilizzati, eseguiti in nero nelle porzioni bianche e gialle e in bianco nelle parti verdi e rosse (Foto 15 e 16). Questi ultimi dettagli sono particolarmente interessanti anche perché mostrano lo scarso potere coprente del latte di calce o del bianco Sangiovanni, che – se stesi in un unico strato – lasciano trasparire il colore sottostante.
Uno stencil medievale?

Particolarmente interessante risulta infine la tecnica di esecuzione dello zoccolo della finta tappezzeria della Foto 1, e in particolare dei rosoni al centro dei quadrilobi (Foto 17 e 18).

Anche in questo caso il ciclo di lavorazione ha comportato varie fasi, perfettamente ricostruibili grazie alle tracce residue.
Per prima cosa si è stabilito con esattezza il centro dei rosoni e dei corrispondenti quadrilobi grazie a due incisioni a croce di sant’Andrea eseguite nell’intonaco ancora fresco, particolarmente evidenti sia nel rosone ancora intatto (Foto 17), sia in quello parzialmente cancellato (Foto 18).

La tracciatura dei contorni esterni del rosone è stata invece eseguita piantando un chiodo nella muratura – il cui foro in entrambi i casi non è stato stuccato e risulta ancora perfettamente visibile – e servendosi del pennello inserito in una cordicella legata al chiodo a mo’ di compasso rudimentale.

A questo punto molto probabilmente è stato eseguito il disegno preparatorio dell’intero zoccolo e si sono stesi ad affresco sia colori di fondo (i quadrilobi sono infatti alternativamente rossi su sfondo verde e gialli su sfondo rosso – Foto 6), sia il bianco del rosone. Una volta terminata questa prima fase si è passati all’esecuzione delle venature del finto marmo dei quadrilobi.

A questo punto è stato realizzato il rosone vero e proprio, molto stilizzato: i contorni netti e precisi dei singoli particolari decorativi come cerchietti o piccoli quadrilobi e la relativa uniformità del colore fanno pensare all’uso dello stencil. Com’è noto, questo metodo si serve di piccole mascherine di carta, cartoncino o acetato trasparente in cui è inciso in negativo il disegno da realizzare: passando il colore sulla mascherina con un rullo, un pennello o un tampone si esegue la decorazione, ottenendo contorni netti e assai precisi. É dunque un metodo economico e veloce per decorare estese superfici.

Rosoni molto simili, anche se leggermente più piccoli, compaiono anche nelle finte tappezzerie di altre tre sale adiacenti: possiamo dunque ipotizzare che l’uso dello stencil fosse comunemente utilizzato nell’esecuzione di finte tappezzerie, e che ciascuna bottega avesse il proprio repertorio di modelli. Le mascherine, di carta o pergamena e perciò assai fragili e delicate, dovevano però essere “usa e getta”, cioè realizzate ex novo per ogni decorazione.

La decorazione è stata infine completata con i due cerchi neri di ciascun rosone (uno di bordo e uno per separare le due fasce di elementi decorativi), eseguiti – come dimostra l’imprecisione delle pennellate (Foto 19) – a mano libera o più probabilmente con l’aiuto di una cordicella fissata al chiodo centrale;  e – subito prima o subito dopo – la realizzazione dei contorni dei quadrilobi con veloci pennellate alternativamente bianche nere per simulare rozzamente un piccolo aggetto (Foto 20). La sequenza delle fasi di lavoro è chiarita molto bene dalla parziale sovrapposizione del cerchio nero più interno agli elementi decorativi del rosone (Foto 20).

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